L’umanità di Gesù trasparenza della divinità
Is 55, 1-1; Cant. Is 12, 2-6; 1Gv 5, 1-9; Mc 1, 7-11
Attingeremo con gioia alle sorgenti della salvezza.
La festa liturgica del Battesimo del Signore ci offre l’occasione per meditare sul nostro stesso battesimo; infatti, tutta l’esistenza cristiana – unita alla sua ragion d’essere – si fonda proprio su questo sacramento. Riflettere è opportuno! I sacramenti sono “azioni” della grazia di Dio mediate dalla Chiesa nella nostra storia; ma, per comprenderne il senso profondo, è necessario anzitutto inabissarsi nel mistero stesso di Cristo.
Il brano del Vangelo di Marco ci presenta proprio l’evento del battesimo di Gesù. Esso si divide in due parti. Nella prima, l’evangelista introduce la figura e la predicazione di Giovanni il Battista; nella seconda, invece, un Gesù appena giunto presso le acque del fiume Giordano per farsi battezzare da Giovanni. Il Battista, con sua madre, fu il primo testimone di ciò che può provocare l’incontro con il Signore: egli sussultò nel grembo e, forse, proprio a partire da questo primo straordinario “stimolo”, crebbe nella consapevolezza di farsi predicatore di un’urgenza, la conversione. Nella sua opera profetica, poi, si fa annunciatore della venuta imminente del suo “successore”, colui che gli sarà superiore non solo nell’identità, ma anche nel tipo di battesimo che introdurrà: non nell’acqua ma «in Spirito Santo» (Mc 1, 8). Il battesimo di Gesù, dunque, non è solo per la conversione, ma per donare la vita.
È questo il primo momento in cui Gesù entra in scena. Ma con il racconto del battesimo, Marco, crea un fortissimo contrasto fra l’oscurità dell’origine «Nazareth di Galilea» (Mc 1, 9) e la grandiosità della teofania dei versetti 10 e 11. Per apprezzare però il senso di tale contrasto bisogna ricondurre l’attenzione al testo della prima lettura. Il profeta Isaia accentua la trascendenza di Dio e in questo modo esalta l’estrema differenza qualitativa fra Dio e l’uomo, tra il mondo di Dio e quello umano. «I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le mie vie non sono le vostre vie. Oracolo del Signore. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri» (Is 55, 8-9).
In Isaia – pur tenendo conto di questa infinita distanza – non sono certo manchevoli accenti di tipo sapienziale che invitano alla ricerca di Dio. Questi esortano a guardare lungo le rive della tenerezza di Dio nonché alla gratuità dei suoi doni, rassicurando sull’efficacia dell’azione liberatrice della sua Parola. È proprio a partire da questi che si può apprezzare il significato del contrasto marciano. Quando Gesù emerge dalle acque, i cieli si «squarciano» (Mc 1, 10). Chiaro il richiamo alla morte di Gesù: «il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo» (Mc 15, 38). Con la morte di Gesù avviene la ricongiunzione e la riconciliazione fra i due mondi, quello di Dio e quello dell’uomo. Ciò è prefigurato e attuato nell’immersione di Gesù, il senza peccato, nelle stesse acque in cui sono immersi i peccatori. Una condivisione che avviene prima della conversione di questi: per grazia e non come ricompensa.
Al riemergere dalle acque «venne una voce dal cielo» (Mc 1, 11). Si tratta di una voce che annuncia al mondo l’identità di Gesù. In essa, il «Tu» esistenziale che esprime il rapporto singolare che sussiste tra Gesù e il Padre, una relazione volto a volto; «figlio mio», poi, dice la speciale figliolanza; «l’amato», il rapporto di intimità; «compiaciuto», infine, la missione di Gesù. In questa affermazione celeste risiede l’essenza stessa della vocazione di Gesù, la quale diventa anche una rivelazione su di lui. L’umanità di Gesù è trasparenza della divinità, in essa si ricongiungono i due mondi, quello di Dio e quello dell’uomo.
Contemplare la scena del battesimo di Gesù, riflettere sulla sua umanità, significa riscoprire nell’umanità del Cristo la nostra, rinnovata dal Battesimo. Dal senso dell’incarnazione deriva la possibilità di comprendere il rinnovamento della nostra umanità, la quale, solo riconoscendo il Cristo come il Figlio di Dio, può essere trasfigurata a sua immagine.
Giuseppe Gravante