II Domenica Tempo Ordinario

“Allarga lo spazio della tua tenda”

(Siracide 24,1-4.12-16; Efesini 1,3-6.15-18; Giovanni 1,1-18)

Ascoltiamo il Vangelo:

In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me». Dalla sua pienezza 
noi tutti abbiamo ricevuto: 
grazia su grazia.  
Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, 
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. 
Dio, nessuno lo ha mai visto: 
il Figlio unigenito, che è Dio 
ed è nel seno del Padre, 
è lui che lo ha rivelato”.

Il mondo brancola nel buio. Ci sono troppe nebbie attorno a noi e dentro di noi. La precarietà prende sempre più piede rendendo l’esistenza difficile se non, talvolta, impossibile. Si avverte la fatica di vivere. Sembra che si sia spento qualcosa nel cuore dell’uomo eppure, rispetto ai tempi passati, c’è più progresso, tecnologia, benessere. Allora da cosa dipende? Come far diradare le nebbie e il grigiore che avvolge le giornate e i cuori?

“Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto”. Ecco, forse, la causa. È venuta nel mondo la luce che illumina e dissipa tutte le ombre ma non è stata accolta. L’uomo crede, presume, d’essere autosufficiente, non desidera e non accoglie l’aiuto che gli viene dall’alto. Crede, erroneamente, che il wattaggio della sua luce sia sufficiente per la sua vita, ma non si accorge che c’è uno maggiore, più intenso, gratuito. La luce di Dio, il suo amore, la sua presenza nella vita e nella storia degli uomini serve ad illuminare l’esistenza, a renderla più serena e gioiosa.

“A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio”. Ecco la differenza: a chi si è aperto all’invasione di quella luce venuta dal cielo, è diventato figlio di Dio. Un rapporto unico, inusitato, inedito con Dio. Una relazione così intima che Dio, a chi lo accetta, come Padre. Mai si era sentito prima di allora e mai si sentiranno parole analoghe. E tutto nella libertà. Quest’ultima tanto è vera che si può spingere fino al rifiuto. La luce del sole brilla ma se si tengono chiusi gli occhi, per sé stessi è buio. Se si rimane rinchiusi nelle proprie stanze, prigionieri del proprio egoismo, è sempre buio. Occorre aprire, spalancare le porte del proprio cuore, solo allora la vita cambierà come cambia e si sviluppa la vita di una pianta, di un fiore che si espone ai raggi del sole.

“Allarga lo spazio della tua tenda” afferma il profeta Isaia. L’unico modo per rendere la vita migliore è quella di intrecciarla con gli altri, soprattutto in questo tempo pandemico dove questo ci viene raccomandato di non farlo, ma con le dovute misure e con la necessaria intensità occorre approdare agli altri. Ma saremo irrimediabilmente sterili se prima non permettiamo alla luce dell’amore di Dio di invaderci, cambiarci, rinnovarci. Poi saremo capaci di contagiare gli altri.

Non rimane che provare per sperimentarne la verità e proclamarla a chi non la conosce, a chi la rifiuta a chi, anche se la desidera la evita.

don Benito Giorgetta