XXIII Domenica Tempo Ordinario

Dio non impone sottrazioni ma propone addizioni

 (Sapienza 9,13-18; Filemone 9b-10.12-17; Luca 14,25-33)

Ascoltiamo il Vangelo:

“In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo»”.

 Seguire Gesù non è facile. Egli stesso pone delle condizioni e, nel caso di questo brano, coinvolge la sfera affettiva. Vuole il primato anche rispetto a quegli affetti tanto legittimi quanto necessari. Non vuole essere subordinato neppure all’amore che si deve avere per i genitori, i familiari. Poi si spinge anche oltre, rincarando la dose, e rendendo ancor più difficile fare la scelta. Parla di croce da portare e di sequela da vivere. Risulta troppo esigente. Totalizzante. Calamita tutto verso di sé. Non certo perché è egoista o vuole la riverenza come forma relazionale. No! Desidera semplicemente persone convinte, dedite, generose, capaci anche di rinunce e sacrifici. È impensabile che Dio abbia bisogno di qualcosa o di qualcuno. Piuttosto vuole donare, come difatti ha fatto, tutto sé stesso per il bene dell’umanità intera. Allora perché parla di amore preferenziale, di sacrificio, di croce?

Dio vuole che l’uomo sia libero e voli in alto. Ma per volare necessita di liberarsi da ogni forma di zavorra che lo tiene imprigionato. E per questo non impone una sottrazione ma propone una addizione. “Di più”. L’amore per Dio non inquina quello umano e legittimo per i genitori e i familiari. Lui vuole essere amato “di più” perché è più difficile amarlo senza vederlo, percepirlo. Chi lo fa dimostra un amore maggiore perché condito dalla fede. Dalla fiducia nel suo amore, nella sua persona. E tutto ciò che noi cerchiamo di dare “di più” a Dio si riversa, a cascata, sulle stesse persone di cui è stato chiesto di superare in intensità. 

Lui è il maestro del vero amore. La sua cattedra è sempre la stessa: la croce dall’alto della quale ci guarda perché noi percepiamo quanto immenso è il suo amore per noi. Ci attira a lui, ci vuole sedurre per farci sperimentare per poi ridare, moltiplicato, il nostro amore a coloro che amiamo, per primi i genitori e i familiari. Gesù ci vuole a scuola, presso di lui. Ci attira a lui per dirottarci vero gli altri. Ecco perché non è una sottrazione ma una moltiplicazione. Come sempre nella logica di Dio. Lui è solo capace di implementare mai di “derubare”. Le sue misure sono sempre extralarge. Chi ha fiducia in lui rimane sbalordito. Nella moltiplicazione dei pani e dei pesci avanzarono dodici ceste rispetto ai due pani e cinque pesci presentati alla sua richiesta. Le giare di acqua, riempite fino all’orlo, furono trasformate in vino migliore di quello offerto dall’inizio del pranzo nuziale. Dio non si fa mai battere in generosità, ci sorprende sempre.

Anche l’invito a prendere la croce contiene un insegnamento e non è una imposizione. “Nel Vangelo la croce è la sintesi dell’intera storia di Gesù: amore senza misura, disarmato amore, coraggioso amore, che non si arrende, non inganna e non tradisce. Prendi su di te una porzione grande di amore, altrimenti non vivi; prendi la porzione di dolore che ogni amore comporta, altrimenti non ami” (Ermes Ronchi).

Ecco: Dio, anche quando chiede, lo fa per donare, per stornare, mai per nutrirsi dei nostri sacrifici. Non ne ha bisogno. Lui è bastevole a sé stesso. Elemosina per ridare a noi stessi. Arricchiti e addizionati.

don Benito Giorgetta