Don Elio Benedetto, Parroco in Palata, giovedì 20 agosto celebra il 50° di Messa a Canneto.
Dall’insieme di dinamismo e spiritualità, mediante la “Madonna del sorriso” scopre negli anni ’70 il suo carisma per la Famiglia cristiana “Sabato verrà don Lamera a Canneto. Una personalità di spicco nella Chiesa, un sacerdote dal cuore grande, apostolo della famiglia. Egli aspira, respira ed esprime lo spirito e il dinamismo di San Paolo”.

Manco aveva dieci anni di Messa quando Don Elio – spumeggiante parroco a Palata ancora in talare – mi sversa addosso tutta questa eccitazione. “Son certo che ti appassionerà. E, seppur ultrasessantenne – dovresti vederlo don Lamera – è ancora tutto fuoco nello zelo sacerdotale”.
Bella primavera sul finire degli anni ’70. Con la “Simca-1000”, assieme a Carolina, vado a Canneto. Non c’era troppo affollamento. E, in mezzo all’esuberanza del verde, ci accoglie e ci seduce la serenità del volto ed il risolino di don Antonio Cerrone, vicario generale a Trivento. Fraterno e soleggiato anche l’abbraccio con don Nicola d’Amico e con don Antonino d’Aulerio, sacerdote santo dal graffiante umorismo, soave amico già da molti anni. C’è pure don Luigi Ranalli da San Vito Chietino. E qui noto la presenza di Maurizio ed Anna Grimaldi discesi da Trivento e, da Montefalcone, quella di Giannino e Petrina Desiato, che ancora non conosco ma con i quali da quel pomeriggio, entrerò in piena familiarità.
All’interno dell’Abbazia – seduto tra Alberto e Franca Rubino – scruto un prete infiacchito, (e, mi farfuglia don Elio) “ è incurvato per la deviazione della colonna vertebrale, avvenuta quando aveva 18 anni”. E’ lui, Don Stefano Lamera, raggiante. Nella rotazione dei saluti, quando arriva il mio turno – mi si accosta con l’astuzia d’una presentazione stuzzicante, mormorandomi all’orecchio: “ho bisogno di genitori santi!”.  E registrando anche un mio imbarazzo scaturito dal reciproco forte e forse dolente abbraccio alla sua schiena, ironizza: “povero don Lamera se non avesse questa gobba!”.

Egli era venuto – mi sembra – per la prima volta in Molise, da primo delegato a divulgare l’ ”Istituto Santa Famiglia”, fondato nel 1960 da don Giacomo Alberione. Una invenzione strana e vezzosa di quest’uomo di Dio (ora Beato) silenzioso e fragoroso. Desiderava accendere nel cuore degli Sposi d’ogni età, il fermento ad una consistenza di vita sobria, docile al volere del cielo; ispirata all’incanto della rettitudine e della laboriosità nella vita matrimoniale e comunitaria, e poterli consacrare poi alla Famiglia di Nazareth.
Attraverso la decorazione di questi sogni, don Lamera effonde subito l’affascinante e prodigiosa ricchezza della sua parola, lì, sotto lo sguardo della statua policroma di Santa Maria del Canneto, che poi definirà “la Madonna del sorriso”.

Ondate di compiacimenti e di condiscendenze. Don Elio Benedetto è in visibilio. Da quel giorno e da Canneto, decide di privilegiare e di guardare “la famiglia” come sorgente di comunione e di diffusione della tenerezza di Cristo che non finisce. E, per la gioia e la grazia dei suoi 50 anni di Sacerdozio, mi sembra onesto limitarmi a inquadrarlo e a raccontarlo, soltanto per questa sua audacia diffusiva dell’amore di Cristo per la famiglia e attraverso la famiglia. Anche perché, nell’insieme di dinamismo e spiritualità, l’avevo già radiografato attraverso “Il profumo del tempo”, quel libricino pubblicato in occasione del suo 25° di Messa, coinciso press’a poco al mio trasferimento definitivo da Palata.

Crea dunque in parrocchia il “Gruppo Santa Famiglia” numericamente sostanzioso.  Girandole di attività, di occasioni rilevanti e attraenti, di incontri formativi e informativi ispirati alla vita matrimoniale, alla spiritualità laicale, alla promozione d’una cittadinanza cristiana all’interno della collettività civile. “L’amore e il tempo libero”, è uno fra i temi di preparazione al matrimonio sacramentale. Viene a Palata don Vittorio Fusco (quando ancora non era Vescovo di Gallipoli) a parlare delle coppie celebri di Sposi nella Bibbia: Tobia e Sara, Ester e Assuero, Giacobbe e Rachele, Gioacchino e Anna. Arrivano da Campobasso Andrea e Rita De Lisio, dell’Ufficio Pastorale per la Famiglia a conversare su accoglienza e accompagnamento delle famiglie ferite e anche don Angelo Spina, attuale Arcivescovo di Ancona mentre era parroco a Boiano. Perfino il Dott. Antonio Vendemmiati e la psicologa Carmela Buonviaggio a educare le coppie al benessere fisico e interiore, a tutelare la loro salute fisica e svelare il segreto del sollievo nei dispiaceri.  Don Elio raggiunge, così davvero, la cifra piena del coinvolgimento comunitario.
Don Elio e 15 agosto 1980: primo decennio di sacerdozio. Vivacissime le tre domeniche precedenti guidate man mano da don Antonino, don Nicola d’Amico e da don Antonio Cerrone. Le omelie son belle, tutte ispirate alla condivisione, alla complementarità e alla corresponsabilità di ogni figura all’interno della Casa.
Il 15 agosto: “l’anniversario”. E’ un inno al sacerdozio e all’amore che non finisce. Mons. Cosmo Francesco Ruppi, nuovo Vescovo diocesano, fa visita per la prima volta alla comunità. E, con lui, concelebrano anche don Gabriele Mascilongo e don Timoteo Limongi, stessi presbiteri ordinati assieme a don Elio nel 1970, che bello!
Seguitano i settimanali incontri istruttivi e di preghiera in paese. Puntuali i ritiri mensili a Canneto e – con don Lamera – gli annuali Esercizi Spirituali ad Ariccia nella Casa del Divin Maestro; poi a Loreto, Casalbordino, Marotta, Pacognano; persino a Campitello Matese. Don Elio è eroico, resiste! E… che immenso beneficio spirituale ha potuto donare anche a me e a Carolina, attraverso l’efficienza e la bellezza di cielo dell’Istituto “Santa Famiglia”.
Ora si sente sconfortato. Me lo confida con un gemito, qui a Guardia, a casa mia qualche mese fa:
“Nel Gruppo Famiglia non c’è stato ricambio generazionale. C’è stato viceversa il propagarsi dell’indifferentismo. I pochi sopravvissuti al <numericamente sostanzioso> gruppo degli anni ‘70-’80, son vecchi e svigoriti. E’ mancata la valorizzazione del positivo! Sono emerse le prime tinte fosche della disgregazione familiare. Si è capovolto l’ordinamento della “Chiesa domestica”. La politica ha mostrato poco coraggio per salvaguardare una realtà – quella aperta alla vita – che nessuna società potrebbe mai rinunciare. Il rapporto spirituale nella coppia va ancor più evaporando. C’è una denatalità irreversibile e allarmante. Ed il mistero del Coronavirus e le misure cautelative conseguenti, mi hanno impedito di celebrare il mio Giubileo a Palata.

Però, quel sorriso di Maria, tanto venerata e tanto amata, di Canneto, dopo l’estasi di quell’indimenticato primo incontro con Don Lamera, mi richiama! Sicché, a 50 di Messa, torno  da Lei il 20 agosto, a celebrare il mio Giubileo a pregare, ad offrire il mio sacerdozio; ad immolarmi volentieri anche per l’ Istituto Santa Famiglia, sorto proprio a Canneto nel mio cuore, e poter ritrovare lì  anche una bussola adatta ad  orientarmi in un nuovo mondo di ricerca e di conquista di santità di vita e di speranze nuove”.

Vincenzo Di Sabato