XV Domenica Tempo Ordinario – C

(Deuteronomio 30,10-14; Colossesi 1,15-20; Luca 10,25-37)

Lo scandalo (necessario) dell’amore

Ascoltiamo il Vangelo:

“In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».
Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così»”.

 

Gesù insegna l’arte dell’amore attraverso l’esempio, scandaloso, ma necessario di un samaritano. In questo modo risponde ai dottori della legge, a coloro che dovrebbero insegnare con la loro vita, e non con la loro spocchiosa voglia di primeggiare, cosa significa amare. Sale in cattedra un nemico, un forestiero: il samaritano. L’escluso, colui che si sarebbe dovuto evitare perché contaminato, non eletto. Lo spunto lo offrono coloro che, interrogando Gesù, gli chiedono, pretestuosamente, “ chi è il mio prossimo?”. E Gesù non teorizza, ma concretamente pone allo loro considerazione, non una filosofia del prossimo, ma la concretezza di un gesto. Racconta la parabola di quell’uomo che, incappato nei ladri, viene derubato, malmenato e lasciato sul bordo della strada. Nessuno si ferma a soccorrerlo, neppure il sacerdote del tempio o il levita, ma solo un samaritano, un forestiero, un escluso, appunto. E alla fine è Gesù che interroga: ”Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così»”.

Hanno posto la questione ma ora ricevono il compito per casa. Il prossimo è colui presso il quale io dono la mia presenza per condividere, per arricchirmi della sua fraternità o per soccorrerlo nelle sue necessità. Non è colui dal quale spero di ricevere aiuto, plauso, comprensione, ma chi voglio servire nello spirito della generosa gratuità e libertà di farlo solo per amore.

“Amo perché amo, amo per amare. Dai «Discorsi sul Cantico dei Cantici» di san Bernardo, abate (Disc. 83, 4-6; Opera omnia). Lamore è sufficiente per se stesso, piace per se stesso e in ragione di sé. La compassione non è un istinto, ma una conquista, un dono, come il perdono non è un sentimento ma una decisione.

Da qui nasce il nuovo decalogo dell’amore, quello che si coniuga con i dieci verbi del buon samaritano e si conclude con il vero insegnamento del Maestro: “Va’ e anche tu fa’ così”. Cosa aspettiamo ad andare, se abbiamo imparato? Andiamo ad insegnare lo scandalo (necessario) dell’arte d’amare. Ma paghiamo di persona e non addebitiamo sul conto altrui, il prossimo è chi mi soccorre e chi, io, soccorro.