XXI Domenica Tempo Ordinario -B
Le parole che fanno vivere la vita
(Giosuè 24,1-2a.15-17.18b; Efesini 5,21-32; Giovanni 6,60-69)
Ascoltiamo il Vangelo:
“In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».
Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio»”.
Il cosi detto linguaggio duro di Gesù da sempre è stato motivo di approfondimento e di interrogazione. Ci sono degli atteggiamenti che con difficoltà si accettano e, ad una distratta analisi, addirittura, si rifiutano. Una cosa è certa il Parlare di Gesù è sì! se è sì!, ed è no! se è no! Questo significa parlare chiaro, schietto. Quando a tutto questo si aggiunge il contenuto del suo insegnamento allora la faccenda si complica.
È il caso della catechesi sull’Eucaristia. Dopo che lui si presenta come il Pane vivo disceso dal cielo, dopo aver posto la condizione che occorre mangiarlo, come sua carne, per avere la vita eterna, i discepoli esclamano.” Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?”. Lui avverte attorno a sé mormorio, legge sul volto dei suoi amici sbalordimento e senso di smarrimento, ma non adatta il suo linguaggio all’uditorio. Non abbassa l’asticella perché non storcano il muso, e, con maggiore facilità, lo accettino e lo accolgano. Alza la posta in gioco. Li sfida. Li provoca. Nonostante tanti si sono, addirittura, allontanati, perché scandalizzati dal suo modo diretto, crudo e ruvido di parlare e proporsi. E aggiunge a coloro che, superstiti, sono rimasti lì con lui: ”Volete andarvene anche voi?”. Ci sarà stato trambusto, discussioni, interrogativi, ma, subito, Pietro, perentoriamente, risponde ponendo le giuste parole che denotano non solo l’intenzione di rimanere con lui ma anche la grande fede che lo anima. “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio”.
Ecco dischiudersi, a nostra consolazione ed esempio, come comportarci quando sembra che tutto è finito, ogni strada è chiusa, nessuno ci ascolta e ci sentiamo abbandonati, non compresi, oppure il cammino che ci si prospetta è arduo, in salita e faticoso. Abbandonarci a Dio. Confidare in lui.
Lui ha parole di vita eterna. Intanto contengono vita, vivacità, esistenza, speranza, futuro. Le parole di Dio sono ricche, gravide di vita, appunto. Sono generatrici. Le parole di Dio non spengono la vita, non mortificano il prossimo, non allontanano le persone. Le parole di Dio uniscono, consolano, fanno compagnia. Sono eterne. Non fissate nel tempo, non da consumare preferibilmente entro uno spazio, ma eterne. Non finiscono mai. Gli effetti perdurano. Se poi consideriamo che la vera Parola di Dio è Gesù stesso, “Verbo fatto carne” allora comprendiamo che la parola non è un fonema ma una persona. Dio stesso. Proprio quel Dio di cui Gesù ha detto che occorre mangiarlo nel Pane della vita. Dio vuole diventare il mio nutrimento, il mio sostegno, la mia linfa vitale. Ecco perché si presenta come cibo, energia, forza.
Allora io non me ne vado, Signore, io resto, io scelgo te. Anch’io, come Pietro pronuncio la mia dichiarazione d’amore: io voglio te, voglio vivere, e tu solo hai parole che danno vita, che fanno viva, eternamente, la mia vita.
don Benito Giorgetta