V Domenica di Quaresima – C

(Isaia 43,16-21; Filippesi 3,8-14; Giovanni 8,1-11)

La peccatrice, chiamata donna da Gesù, come la Madre Immacolata

Ascoltiamo il Vangelo:

“In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. 
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. 
Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. 
Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più»”.

“Donna ecco tuo figlio” dice Gesù alla Madre ai piedi della croce consegnandola alla cura e alle premure del discepolo che egli amava, Giovanni. “Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?” si rivolge così Gesù verso colei che, sorpresa in flagrante adulterio, gli viene sbattuta innanzi, per essere lapidata. Ambedue queste creature chiamate “donna”: la peccatrice e l’Immacolata, la miseria personificata e il candore concepito, la rifiutata e la benedetta tra tutte le donne, la kekaritomene, la piena di grazia, la favorita e la colpevole di adulterio. Per Gesù ambedue sacre, ambedue amate, ambedue rispettate. Ci insegna così che l’amore non si dona in modo preferenziale o esclusivo ma a tutti e in egual modo. Non si è amati perché meritevoli d’esserlo ma si è raggiunti da un amore donato, gratuito, immeritato. Gesù ama i peccatori come ama la mamma perché l’amore non fa distinzioni. Come un anello d’oro è tale nel dito di un re o nel dito di un miserabile.

La peccatrice viene portata a Gesù come un trofeo, frutto della compostezza ipocrita e legalista degli scribi e dei farisei. La portano per ottenere giustizia, per ricevere una risposta, per trarre in inganno colui che predicava e mangiava con i peccatori, con chi si contaminava con i malati e gli esclusi. Lei la donna è semplicemente un pezzo di carne, un ammasso di peccato, un’informe creatura che ha sbagliato ed è stata sorpresa nel suo errore. Gesù che legge i cuori non si lascia contaminare dalla stessa logica ma la purifica riabilitando la donna restituendola alla sua originaria dignità, ma onora anche la giustizia e predica la verità che rimane intangibile ma perseguibile per strade diverse da quelle macchiate e contaminate dall’ipocrisia e dall’ostentazione spocchiosa dei farisei.

Innanzitutto Gesù accoglie, non si scandalizza, dialoga, entra in contatto con la peccatrice. Si mette al suo livello. Era prostrata a terra costretta a mangiare la polvere, era caduta in basso per via del peccato ed egli per non umiliarla scrive a terra, si abbassa al suo livello, la guarda negli occhi per amarla, perdonarla e non condannarla, nonostante condanna il suo errore, ma ama colei che ha errato. La volevano seppellire di pietre, lui la seppellisce d’amore. La corregge con la forza persuasiva e riabilitante dell’amore espresso nel perdono, nella comprensione. Scrive nel suo cuore la consolazione che forse mai aveva ricevuto, non più per terra, ma nel suo intimo. La riabilita come solo l’amore sa fare e smaschera gli scribi facendoli inciampare nella loro doppiezza ed ipocrisia. Gesù seminatore di futuro nel cuore inquieto dell’uomo incappato e imbrigliato nella paralisi del peccato. Gesù scioglie ogni legame che ci schiavizza e propone una via nuova da percorrere con un cuore rinnovato, riabilitato, sanato dalla forza del suo amore misericordioso.