Forse guardare una giornata nella sua vita basta per innamorarmene, una sola notte oscura per preparare la luce eterna
Mi piace sempre quando il Vangelo racconta cosa faceva Gesù. Guardiamo un giorno qualsiasi di quei trent’anni che ha vissuto con l’uomo, essendo uomo, come un uomo qualsiasi.
Un giorno basta come esempio di tutta una vita? Le azioni dicono molto di come siamo, della nostra missione, delle nostre opzioni, delle nostre debolezze e dei desideri che nutriamo, delle nostre passioni e dei nostri gusti, di quello che riempie il cuore, di ciò di cui parla la bocca.
Le nostre azioni ci svelano. Valgono più di mille parole. Sono più incisive, hanno più forza. Sono come una roccia, non se le porta via il vento come le parole. Le nostre azioni hanno forza.
Basterebbe un giorno della nostra vita per dire come siamo, chi siamo? Potrebbero valutarci solo in base a un giorno? Le azioni di quel giorno sarebbero concludenti? Ci definirebbero e mostrerebbero tutto ciò che potremmo diventare?
Se avessimo una brutta giornata e venisse presa come riferimento proprio quella non sarebbe giusto. Forse un giorno solo non basta. Con Gesù ci basta solo un giorno? L’agire di Gesù parla di com’è. Ha vissuto pochi anni, ma intensamente. Ogni giornata di Gesù era un riflesso fedele di tutta la sua vita.
Non sappiamo come fosse una sua giornata a Nazareth, ma sarà stata una giornata piena: piena di vita, di sguardi, di parole, di silenzi. Ci basterebbe. Sarebbe un giorno come quelli che si sono succeduti in seguito. Una giornata nella vita di Gesù era un chiaro riflesso della sua anima.
Era come guardare il lago. Ha lo stesso chiarore in superficie. Lo stesso lento movimento delle acque. Allo stesso tempo, però, ha la stessa vita profonda dentro, le acque più profonde che si muovono con intensità.
La vita di Gesù si descrive in poche parole, ma restiamo con il pallido riflesso delle sue azioni. La profondità della sua vita, come quella del lago, riusciamo solo a intuirla. Percepiamo che c’è molto di più di quello che vediamo. Sappiamo dai suoi gesti che c’è una profondità inesauribile. Leggiamo nelle sue parole un mondo immenso e bello.
Gesù curava, parlava, pregava, guardava, toccava. Si lasciava toccare. Si lasciava invadere. In pochi anni ha curato pochi uomini, quando avrebbe potuto curarne tanti. Ha detto poche parole quando avrebbe potuto lasciare lunghi testamenti spirituali. Ha vissuto in pochi luoghi.
Il mondo è così vasto! È tanto il dolore tra gli uomini! Servirebbero infinite vite per calmarlo tutto. Infinite parole e infiniti gesti per curare tutti. Non è riuscito a portare la pace essendo Lui il principe della pace. Non ha saputo unire tutti quando Lui era famiglia. Gli sono mancate delle vite. Gli sono mancate delle parole. Gli è bastato morire una volta per salvarci tutti.
Ha avuto bisogno di più giorni, ma forse guardare una giornata nella sua vita basta perché me ne innamori. Solo una notte oscura per preparare la luce eterna.
Una persona diceva: «Mi piace guardarlo. Sono giorni per guardare i suoi passi. Mi chiama a seguirlo, e io lo seguo goffamente. Lo guardo negli occhi e voglio vivere come ha vissuto Lui. Con i suoi sentimenti che tante volte mi sembrano impossibili. Sono impossibili per me che sono tanto fragile. Ma mi piace guardarlo e addentrarmi nella sua barca, nella mia barca.
A volte credo che sarà impossibile, che non avrò mai i suoi sentimenti né sarò mai come Lui, che conserverò sempre una lettera nell’anima, che la mia riserva farà sì che la mia donazione non sia sincera. Mi fa paura fallire e smettere di seguire le sue orme. Mi colpiscono quelli che non dubitano e lasciano tutto per seguire le sue orme».
Mi piace guardarlo. L’anima ha sempre dentro un seme di idealismo, a volte sopito. Guardando i suoi passi l’idealismo si accende, la vita si risveglia, sboccia.
Anche a me piacerebbe porre fine a tutto il male del mondo. Cancellare il dolore e la sofferenza. Sradicare la fame e la malattia. La crudeltà e l’odio. Eliminare la solitudine del cuore umano. Mettere fine alle ingiustizie per sempre.
Per questo mi ribello ingiustamente davanti a coloro che non fanno nulla e si nascondono nelle proprie case protette. Ingiustamente perché non posso giudicare i loro motivi per non muoversi, per non mettersi in cammino. Io stesso sento che fallisco e cado, e non mi giudico tanto, sono più indulgente.
A volte, però, mi ribello contro me stesso quando non faccio nulla, o non faccio tutto ciò che potrei fare per cambiare il mondo. Anche io avrei bisogno di più giorni, più vite, più parole e più gesti. C’è tanto da fare per salvare il mondo!
Dio mi ha concesso dei giorni, un lago, degli uomini, solo una vita e alcuni giorni con le loro notti. Come a Gesù. Una sola lingua. Gesù parlava aramaico, conosceva qualcosa di ebraico e di greco, ma non sapeva il latino. Non conosceva tutte le lingue. Neanche io. Non conosco tutti gli uomini. Non posso salvarli tutti.
Gesù ha avuto i giorni e le ore contati. Ha dormito, come perdendo tempo. Non aveva un’agenda piena di riunioni e di appuntamenti. Non ha programmato con attenzione le sue giornate. Un giorno sembra poco. Facciamo poco in un giorno, in una vita. Sento l’impotenza. Guardo la sua giornata, guardo la mia.
Voglio una vita piena. Piena di vita per altri. Piena di miracoli per quanti soffrono. Che il mio amore cambi la realtà che mi circonda. Che possa seminare speranza dove Dio mi ha posto. Un giorno, cento giorni. Non importa. Lui lo sa.