Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe

Dio per sé ha voluto una famiglia umana santificandola

 (Genesi 15,1-6;21, 1-3; Ebrei 11,8.11-12.17-19; Luca 2,22-40)

Ascoltiamo il Vangelo:

“Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, (Maria e Giuseppe) portarono il bambino (Gesù) a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.]

Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori». C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.

[Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui”.

            Gesù, per incarnarsi, ha scelto una famiglia. Ha voluto circondarsi dell’amore umano di una mamma e di un papà. Come dovrebbe essere per ogni bimbo che nasce. La debolezza e la fragilità dell’essere umano all’atto della nascita sono ben note e conosciute. Necessita di tutto.

Secondo alcuni studiosi, l’uomo è l’animale che, in natura, nasce più prematuramente di tutti gli altri animali. Occorrono degli anni perché raggiunga una discreta autonomia. Una gazzella, un puledro, o altri esemplari, poco dopo la nascita già camminano, corrono.

L’uomo ha bisogno di aiuto non solo per alimentarsi, muoversi, provvedere a sé stesso ma, soprattutto, ha bisogno di imparare ad amare, a relazionarsi. E questa è l’arte più difficile al mondo. Se un piccolo d’uomo manca di questo avrà ripercussioni nel suo futuro. Addirittura, già il feto, in qualche modo, viene educato dal comportamento, dalla voce dei suoi genitori. La vita intrauterina è una vita di crescita e di apprendimento che segnerà per sempre la futura esistenza.

Dio, per sua imperscrutabile scelta, essendosi sottoposto alle leggi biologiche che regolano la vita di ogni individuo ha accettato per sé anche tutte le naturali conseguenze. Sua madre Maria, suo padre giuridico, adottivo, Giuseppe, lo hanno accolto accudito, fatto crescere, educato. Dio alla scuola dell’amore materno e paterno di due creature. Lui che, dell’amore, è la pienezza, la totalità. La sorgente viva ed inesauribile.

Guardare alla santa famiglia nazaretana, ispirarci a questo quadro familiare offertoci da loro, non deve, rimanere un pio desiderio. Non basta relegare nella pinacoteca dei ricordi, delle belle devozioni, casomai in bella evidenza; occorre che sia vera icona della famiglia solida, radicata nell’amore che è capace di superare tutte le difficoltà facendo trionfare l’unità, la disponibilità reciproca e la comunione relazionale. Non certo priva di asperità è stata la storia familiare di Maria e Giuseppe a cui si è aggiunto Gesù! Incarnazione misteriosa, accettazione di una gravidanza a dir poco strana, nascita nella povertà, fuga in Egitto, custodia della vita umana di Dio, accompagnamento fino alla croce… .

Anche in tutto questo, la famiglia di Nazareth, è maestra e compagna di percorso nel superare difficoltà, incertezze, ostacoli a cui tante famiglie, costituite col sacramento del matrimonio, sono, anche oggi, chiamate a vivere

La solidità e il fondamento sull’amore hanno garantito la vittoria su ogni attentato e destabilizzazione che poteva intervenire nelle vicende umane e nei disegni disposti da Dio. Allo stesso modo, ogni famiglia, sull’esempio di quella di Nazaret, se vuole risultare vittoriosa, deve confidare nell’amore reciproco, nel sacramento celebrato e nella lotta comune. Un ingrediente che non deve mai mancare è il dialogo ispirato all’amore, condito di perdono, alimentato dal discernimento. Tenerezza dell’amore sponsale ad immagine di quello di Dio per la famiglia umana.