XXII Domenica Tempo Ordinario – C

(Siràcide 3, 17-20.28-29; Ebrei 12, 18-19.22-24; Matteo 11,29)

L’amore donato senza mittente per non attendere la risposta

Ascoltiamo il Vangelo:

“Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cèdigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti»”. 

L’immagine della convivialità ha da sempre rappresentato la modalità di Dio per descrivere la fraternità e la condivisione. Nella simbologia evangelica è molto utilizzata. Anche Gesù, il suo primo miracolo, lo compie a Cana durante un pranzo nuziale. Spesso lo vediamo seduto a mensa con i pubblicani i peccatori o nell’intimità domestica della famiglia di Lazzaro, suo amico. E’ proprio durante un pranzo che, osservando come tutti cercavano i primi posti lui prende spunto per insegnare l’umiltà, la docilità. Non cercatori dei primi posti, per mettersi in evidenza, ma del posto giusto, possibilmente, tra gli ultimi perché ci sia chi, accorgendosi della nostra presenza ci venga a chiamare per una collocazione migliore.

L’umiltà è la base per ogni altezza. L’umiltà è la base di ogni vera grandezza. L’umile attira su di sé la compiacenza di molti piuttosto che il superbo che allontana da sé. “Attira più mosche una goccia di miele che un barile di aceto” (Francesco di Sales). L’ultimo posto non è di esclusione, di punizione di non riconoscimento, di condanna, ma di scelta di preferire il fratello a se stessi. L’ultimo posto è il posto di Dio, che lui si è scelto perché tutti, nessuno escluso, sia fuori gioco.

Il bene va fatto a prescindere dalla capacità dell’altro di risponderci equamente o con gli interessi maturati per l’attenzione prestata. Meglio fare del bene a chi non ha la possibilità di restituircelo che in modo diverso il che equivarrebbe a dire che io do per avere, do per ricevere in cambio. Il bene che facciamo deve essere indirizzato agli altri senza la pretesa del mittente così che, chi ne riceve i benefici non deve sapere neppure da dove proviene o a chi restituire la cortesia. L’anonimato puro indica l’amore vero, disinteressato. Amore gratuito per il fratello. A me sta a cuore la sua felicità, la sua realizzazione e non la pretesa di ricevere in cambio. L’amore ad effetto boumerang non è amore vero, ma egoismo mascherato. E’ il carnevale dell’amore.

Accogliere, nello spirito evangelico, chi non può ricambiare un invito, una cortesia crea legami di comunione serena e libera, esalta l’amore, è la sinfonia dell’amore, è quella musica che deriva dallo spartito del pentagramma di Dio. Amare a fondo perduto, fondo investito per il bene dell’altro. Fare del bene fa bene, bonifica se stessi e benefica gli altri. Questa è la grande opera di bonifica da fare in tutto il mondo. In ogni comunità dalla domestica alla civile, a quella ecclesiale dovrebbe esserci il cartello scritto: ”Lavori in corso” e il lavoro è la bonifica dei cuori, delle intenzioni, dei gesti. Il direttore dei lavori, Dio, saprà ricompensare chi dona con gioia e gratuitamente.