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Il cristiano rabdomante del sapore e della luce da donare

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Il cristiano rabdomante del sapore e della luce da donare

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V Domenica Tempo Ordinario

Il cristiano rabdomante del sapore e della luce da donare

(Isaia 58, 7-10; 1 Corinzi 2, 1-5; Matteo 5, 13-16) 

Ascoltiamo il Vangelo:

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“In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».

Nel tumultuoso e, talvolta, caotico mondo delle idee, delle innovazioni; in modo particolare in quello delle opinioni, spesso, si smarrisce la propria identità. Molta confusione regna nelle menti e nei cuori. Troppo inquinamento pubblicitario, propagandistico, mediatico. Si vive una sorta di stordimento. È difficile fuggire dall’anestetico che viene subdolamente inoculato nei messaggi, nei like dei mass media. Nascono sempre più “influencer” contribuendo a determinare una babele. Tutto questo mina anche l’identità personale di coloro che, essendo più deboli ed esposti, vengono quasi narcotizzati. Ammaliati e sedotti, ma poi, abbandonati. Il mondo mediatico attira, seduce, non per donarci qualcosa ma per derubarci di tutto. Prima di ogni altra cosa della nostra libertà, serenità e, talvolta, dignità.

Diverso è il modo di fare e di proporsi di Gesù. Lui invita, chiama, propone. Non deruba nulla, non vuole nulla e ci dona tutto. È l’uomo del primo passo. Della generosità. Dell’accoglienza. Ci accetta come siamo e valorizza ciò che gli proponiamo. È sempre felice di incontrarci anche quando non abbiamo nulla da dargli in cambio. Anzi ci chiama a sé quando siamo stanchi, delusi, affaticati, stressati. Lui ci ristora. Restaura.

Nelle parole del vangelo si trova, davvero, sempre, un lieto annuncio. “Voi siete il sale della terra…voi siete la luce del mondo”. Confortante trovare le idee chiare di chi ci dice cosa, o meglio, chi, siamo: sale e luce. Non a caso due elementi necessari, essenziali per la vita dell’uomo. Elementi vitali. L’affermazione di Gesù è identitaria per tutti coloro che ne assumono la mentalità e ne vivono gli insegnamenti. Dichiara chi siamo. Ma unisce a questo un impegno: vivere, donare ciò che siamo. Una caratteristica che qualifica questi due elementi è il servizio, l’utilità che donano. Dare sapore, conservare, il primo. Illuminare, fare compagnia, permettere di agire la seconda.

Ma occorre equilibrio. Se c’è troppo sale la pietanza è immangiabile, se scarseggia, lo stesso. Ma nell’uno e nell’altro caso la caratteristica del sale è che pur donando, sprigionando le sue peculiari caratteristiche scompare. C’è, si sente, ma non si vede. Lo stesso si può affermare della luce. Se è troppa acceca, se è poca non permette di vedere. Anch’ella, comunque, c’è ma non ferisce, non invade.

Il cristiano, che accettando la logica che Gesù insegna, deve assumere le stesse caratteristiche. Rendersi presente nella vita degli altri senza lasciare tracce, senza voler emergere, apparire. Sarebbe un servire sé stessi e non il prossimo. Essere utili e sparire, quasi cancellando ogni forma di traccia residua. Questo si chiama gratuità nell’anonimato. Il sale immola sé stesso lasciando solo la sua essenza. La luce consuma sé stessa, sacrificandosi, ma donando quanto è necessario per operare, per vedere. E neppure si chiedono cosa se ne fanno del loro sacrificio coloro che ne usufruiscono. Neppure pretendono l’uso da farne. Si donano e basta. La luce accarezza le cose, senza mai fare violenza. Questo significa valorizzare il bello, il buono, il bene che c’è in ognuno. La luce non illumina sé stessa e il sale non insaporisce sé stesso ma entrambi svuotandosi donano ciò che sono, beneficano chi riceve. Il cristiano è un mezzo non un fine. Per fare questo il cristiano deve diventare rabdomante del sapore e del gusto da donare a coloro che incontra. A coloro che cerca. A coloro sui quali effonde, gratuitamente, ciò che possiede: sale e luce non pe sé ma per il mondo.

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Don Benito Giorgetta
Don Benito Giorgetta
BENITO GIORGETTA (1955), sacerdote della diocesi di Termoli-Larino, parroco di San Timoteo in Termoli (Campobasso), licenziato in Sacra Teologia con specializzazione in Mariologia. Dottore in Bioetica, è giornalista pubblicista. Già docente di Teologia Morale della Sessualità e Bioetica presso l’Istituto Teologico Abruzzese-Molisano di Chieti. Presidente dell’Associazione “Iktus – Onlus”.

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