V Domenica di Pasqua

Il vero amore è decentrarsi da sé stessi per focalizzarsi sui fratelli

 (Atti 14,21-27; Apocalisse 21,1-5; Giovanni 13, 31-35)

Ascoltiamo il Vangelo:

“Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. 
Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. 
Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri»”. 

Amare è un’arte nobile ma difficile. Amare nella dimensione della croce diventa quasi impossibile. Amare come Cristo ci ha amati è una sfida. Un banco di prova per saggiare la nostra capacità d’essere discepoli del Cristo. Egli stesso lo dice invitando i suoi amici ad imitarlo e dare prova della loro capacità di sequela. “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri»”. È l’amore la carta di identità del cristiano. Non i segni, non i riti, non le preghiere, non i sacrifici, non le rinunce. Solo l’amore, la capacità di amare, la sfida di mettere sé stessi al secondo posto dinanzi all’amore che si deve nutrire verso gli altri.

Amare significa decentrarsi da sé stessi per focalizzarmi sui miei fratelli. “Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a sé stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri” (Filippesi 2,1-11). “Non abbiate altro debito con nessuno, se non di amarvi gli uni gli altri; perché chi ama il prossimo ha adempiuto la legge… “(Romani 13, 8-10). “Amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda… “(Romani 12, 10).

La parola di Dio di cui il Cristo è il vertice massimo e l’espressione più compiuta perché lui è la Parola diventata carne, ci invita continuamente a fare dell’amore al prossimo la prova suprema della nostra credibilità.  Certamente, anche da punto di vista dottrinale e morale, il cristianesimo ha fatto dell’amore al prossimo, l’espressione massima, scandalosa, del proprio modo di essere cristiani. Cristo stessi ci ha amati in modo speciale, scandaloso. Ha data la sua vita per noi. Ha posto in ombra la sua vita, i suoi interessi, tutto sé stesso, per fare posto a coloro che ama. Non si può essere cristiani se non percorrendo le stesse orme di Cristo. Non avvicinarci al suo stile, alle sue scelte, ma interpretarle, con la debolezza e le fragilità che ci sono proprie, con le sconfitte che incontreremo ma facendo di tutto per imitarlo.

Le parallele geometricamente parlando sono due rette che non si incontrano mai. Il nostro atteggiamento non deve essere parallelo a quello di Cristo, non lo incontreremmo mai. Dobbiamo sforzarci di fare lo stesso cammino, calpestare le stesse orme. È meglio tentare e sbagliare, ma incontrarlo e non, non sbagliando mai e, tristemente, non incontrarlo.

Se amare è difficile, amare come Cristo è la vera sfida. Il campo di battaglia per ogni cristiano. Ma è quel “come” che fa la differenza, che qualifica, amplifica e sostanzia la nostra capacità di amare, i nostri tentativi di imitare colui che prima di noi e più di noi ci ama. Dio si è reso umile. Ha considerato noi peccatori più importanti di sé stesso. Ha rinunciato alla sua vita per salvarci. Ecco la vera mappa dell’amore. Rinunciare a sé stessi per fare posto agli altri. Amare gratuitamente. A fondo perduto. Senza aspettarci nulla in cambio. Anzi! Essere disponibili anche all’ingratitudine pur di far percepire, gustare, provare agli altri la dolcezza e la serenità d’essere amati.

Questa è la vera necessità dell’uomo. Essere amato. Sentirsi amato. Tutte le crisi nascono da questa carenza. Amando, donando amore, si trasmette la vita. Si suscita la libertà. Si innesca la gioia. E la nostra gioia deve essere proprio questa: seminare negli altri la pace e la consolazione d’essere amati, considerati, accolti, custoditi ed accuditi, proprio “come” Dio fa con noi.

don Benito Giorgetta