Domenica di Pentecoste

(Atti 2,1-11; Romani 8,8-17; Giovanni 14,15-16.23-26)

Ascoltiamo il Vangelo:

“In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre.
Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto»”. 

Gesù, attratto dalla forza gravitazionale del cielo, è asceso presso il Padre da cui fu inviato. Non se n’è andato sbattendo la porta, nemmeno per delusione e tantomeno per ripicca. E’ andato perché, non lasciando orfani gli uomini, invia presso di loro il “Paraclito – Colui che è chiamato accanto”, uno che si schiera a nostro favore, un compagno di viaggio, un difensore: lo Spirito Santo. Gesù cerca di far comprendere che se non va via non arriverà Colui che ci consolerà, che ci guiderà alla comprensione tutta intera della verità, che ci tirerà fuori dalle paludi del cuore, che donerà pace agli inquieti, serenità ai perseguitati. “Perché quando siamo sterili e tristi, sia accanto come vento che porta pollini di primavera, come fuoco che illumina la notte: Creatore e Consolatore. Perché quando siamo soli, di solitudine nemica, sia colui che riempie la casa, il Dio vicino, che avvolge, penetra, fa volare ad altezze nuove i pensieri, dà slancio a gesti e parole, sulla misura di quelli di Cristo” (Ermes Ronchi).

Ecco Chi è lo Spirito: ricchezza di vita, speranza di progetti, scintilla di risurrezione, forza di consolazione. Non siamo soli, non siamo orfani ma abitati, invasi dalla forza e dalla ricchezza dello Spirito. Quello stesso che impresse nell’animo degli apostoli fuggitivi, vergognosi e rinnegatori, di trasformarsi in audaci, in missionari, testimoni. Con lui c’è sapore di totalità, di pienezza, di completezza insegnerà ogni cosa, ricorderà tutto, rimarrà per sempre. E la liturgia fa eco: “del tuo Spirito Signore è piena la terra”.

La totalità è la sua misura, l’intimità è la sua casa, l’orizzonte il suo sguardo, il cuore di ogni uomo la sua residenza. Si, il vangelo da predicare, la notizia da portare, l’innovazione da conoscere, le nuove strade da frequentare, questi sono i desideri che lo Spirito vuole realizzare. Senza escludere nessuno, tantomeno il povero, l’ultimo, il debole, il fragile, lo sconfitto, anzi, questi sono i preferiti perché maggiormente avvertono la necessità d’essere soccorsi.  Solo così si potrà “tendere alla misura alta della vita cristiana ordinaria” (Giovanni Paolo II, Novo millennio ineunte). E la Bussola per questo viaggio, il Navigatore non può che essere Lui: lo Spirito che Gesù invierà per la nostra consolazione! Occorre fare spazio per accogliere, come si accoglie un raggio di luce tra le fessure delle finestre, così nella vita con le sue ferite arriva a noi l’amore di Dio e diventano feritoie.