Ascoltiamo il Vangelo:

“In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: 
«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. 
Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. 
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. 
Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». 
Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo». 
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
“La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d’angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi”?
Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti»”. 

Quello che Dio ha fatto e fa per ciascun uomo è al limite della follia. Lui ci ama davvero e si prende cura di ogni ognuno, come un padre con cuore di madre. La massima tenerezza. Lui ci immagina come una vigna che riceve tutte le cure e le attenzioni degli operai perché sia florida, sana e portatrice di frutti. Ma quando invia i suoi servi per il raccolto si accorge che la vigna, purtroppo, è infruttifera.

I frutti che Dio desidera da noi è che nel mondo in generale, e, nelle nostre storie in particolare, non ci siano più contese, rivalità, soprusi, ingiustizie. Non ci siano più profughi, fughe dalle proprie terre di origine, emigrazioni in massa, malati lasciati a se stessi, anziani abbandonati.

I servi che, oggi, Dio invia a noi sono i poveri che bussano alla nostra porta, i malati che attendono una visita, il vicino che chiede relazione, la moglie che reclama attenzioni, i figli che vogliono l’unità dei genitori. Tutte queste attese come vengono “dissetate”? con vino buono frutto di un raccolto generoso e genuino, oppure solo aceto o peggio ancora rovi e spine? Il Vignaiolo della parabola non si scoraggia, neppure dinanzi ai rifiuti e alle uccisione dei servi che manda nel campo. Insiste, speranzoso e investe la risorsa più grande: manda suo figlio confidando nel rispetto per la sua stirpe. Ma anche lui tristemente, viene soppresso. Lo interpretano come l’erede che si prende tutto allora i vignaioli decidono di sopprimerlo per avidità. L’”ubriacatura per il potere e il denaro è l’origine di tutte le vendemmie di sangue della terra”. Occorre, come tutti i buoni contadini fanno in caso di vigne ingenerose, trasformare le colture, creare nuovi innesti, sperimentare nuovi vitigni perché la successiva vendemmia produca il buon vino dell’accoglienza, della condivisione, della fraternità e del rispetto reciproco, della facile ed esaltante tolleranza. Dell’integrazione e non delle opposizioni. Questi grappoli si attendono con speranza perché doneranno la gioia e la consolazione che sono i veri frutti che Dio, Padre Vignaiolo, vuole che gli uomini, suoi figli, pigino per avere il vino della consolazione.