Ascoltiamo il Vangelo:

“In quel tempo, disse Gesù ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, va’ oggi a lavorare nella vigna. Ed egli rispose: Sì, signore; ma non andò. Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli rispose: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosi, ci andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Dicono: «L’ultimo». 
E Gesù disse loro: «In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. 
E` venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli»”. 

Chi sono i primi o chi gli ultimi agli occhi e al cuore di Dio? Nessuno! Per lui siamo tutti uguali, tutti figli, amati e prediletti; ma avendoci dotati di libertà rispetta le nostre scelte, i nostri desideri fino al punto d’essere disobbedito, abbandonato e tradito. Dio sa aspettare, auspicando, la nostra conversione, il nostro ritorno a lui per accoglierci, sempre da figli, e farci partecipi del suo amore, allo stesso modo di chi non l’ha mai abbandonato. Ecco perché non ci sono classifiche prestabilite ma il primo posto, non essendo riservato a nessuno, può essere anche per gli ultimi.

“I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio… “, nel suo regno non ci sono posti con scritto “riservato” perché appannaggio di qualche categoria in particolare, di qualche autorità, civile, religiosa, politica o militare. Per lui ci sono tutti posti in prima fila. Questo è bello, gratificante e stimolante. Posso concorrere per essere il primo, ma non è una mia prelazione. Come pure essendo caduto nel baratro, nel peccato, posso sempre sperare di recuperare e “vincere”.

La parabola dei due figli ci insegna che la possibilità del recupero e della conversione è possibile per tutti. Anche le prostitute, i carcerati, i pedofili, gli assassini, possono convertirsi, ridando il proprio cuore al Padre e ai fratelli. Quando la propria vita diventa la vigna di Dio, la terra di Dio, dove c’è posto per tutti: amore e accoglienza per chi ha necessità, premura per chi è solo, compagnia per chi cammina nella solitudine e nella malattia, allora si pensa come lui e si ama come ci ha insegnato e dato l’esempio.

Metterci nella condizione di dire di sì non solo con le parole, al progetto di Dio per noi, ma coronare con i frutti e le opere, significa crescere nell’obbedienza e nell’adesione a quello che Dio ci chiede. Lavorare nella sua vigna, essere servi ed operai sin dalla prima ora è necessario, bello e testimoniale. “Un semplice e umile servo nella vigna del Signore” furono le prime parole pronunciate da Benedetto XVI la sera della sua elezione a Papa. I grappoli generosi e succosi di questa vigna, saranno il coronamento della propria adesione e dell’impegno profuso da ciascuno di noi. Così non saremo cristiani di facciata, da museo, ma di sostanza e di adesione, di coinvolgimento, saremo concime che fa fecondare la vigna e la fa fruttificare. E se capitasse di dire di sì, come il primo figlio, e poi ci ritiriamo, c’è sempre la possibilità del recupero, della conversione e, come sempre, Dio ci aspetta per accoglierci e darci il posto in prima fila.