SS. TRINITA’ 

Navigare nel mare della comunione con Dio e i fratelli

 (Esodo 34, 4-6. 8-9; 2 Corinzi 13, 11-13; Giovanni 3,16-18)

Ascoltiamo il Vangelo:

«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato, ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».

Le cose più difficili e complicate, talvolta, diventano le più facili. I ragionamenti più ardui, se si vuole, si trasformano in deduzioni elementari. Le elucubrazioni più sofisticate, potrebbero essere anche alla portata di tutti, anche di coloro che non sono abituati a vedersela con la filosofia i sofismi e le teorie di alta quota intellettuale. Come si fa a “smontare” rendendo accessibile a tutti un pensiero, una dottrina, un percorso impervio del pensiero umano? L’esperienza, la vita pratica, molte volte, diventano la via maestra per svelare segreti, per scendere dalle altitudini vertiginose del pensiero dotto, per dare in pasto ad ogni intelligenza ciò che poteva apparire riservato ad una “élite”.

È il caso della santissima Trinità. Il tormento di intere generazioni di teologi, il dogma irraggiungibile per antonomasia, le diatribe dottrinale delle varie sensibilità teologiche, alla fine si scopre che contiene in sé la sapienza del vivere. Questo non sciupa la grandiosità del mistero, non deturpa la sublimità del rigore filosofico, non smonta l’organizzazione del pensiero, ma rende fruibile a tutti, attraverso la vita quotidiana, il grande patrimonio di una verità. Teologicamente Dio è il tutt’altro dall’uomo, ma anche l’Emmanuele, il Dio con noi. In un certo senso, attraverso l’incarnazione, Dio si è “volgarizzato”, si è donato a tutti. È diventato patrimonio di tutti. È entrato nelle logiche umane. Ha abbassato sé stesso all’altezza dell’uomo.

Allora quando parliamo di Trinità non dobbiamo perderci nei meandri della mente che deve cercare di capire, quasi dominare, con razionalità ciò che è inafferrabile. Non ci riuscirà mai. Dio è troppo grande per essere posseduto, per circoscriverlo nel pur nobile ragionamento umano. Per comprendere Dio occorre mettersi sulla sua strada. È necessario intercettarlo nel suo modo di essere e di agire. Dio è amore e l’amore lo “costringe” ad uscire da sé stesso, a traboccare da sé stesso per dissetare chi lo cerca. La dinamica che anima la vita trinitaria è amorosa. Dio non è bastevole a sé stesso, ha bisogno di relazionarsi, ecco perché lo fa con Cristo suo figlio nell’unità dello Spirito che è l’amore intercorrente tra Dio Padre e Dio figlio.

Per realizzare tutto questo, Dio, si incammina verso l’umanità che lo ha cercato invano senza mai trovarlo. Allora si scopre che Dio per amore dell’umanità, per redimere l’uomo peccatore diventa uomo lui stesso, in tutto simile fuorché nel peccato. Dio ha aperto delle strade dal suo cuore. La destinazione finale è l’uomo che viene chiamato ad essere comunionale come lo è Dio nel suo interno rapporto.

“Davanti alla Trinità io mi sento piccolo ma abbracciato, come un bambino: abbracciato dentro un vento in cui naviga l’intero creato e che ha nome comunione” (Ermes Ronchi). Ecco navigare nella comunione dono di dio e in cui Dio vive. La comunione come il mare della nostra navigazione, del nostro divenire, del nostro crescere. È la comunione fatta di concretezza relazione, di sostanza sentimentale che ci unisce e ci lega agli altri. Proprio come Gesù ha insistentemente fatto e chiesto a noi di fare a beneficio del prossimo.