Corpus Domini -SS. Corpo e Sangue di Cristo

Il Cristo è dato tutto a tutti attraverso il Pane eucaristico

 (Dt 8,2-3.14b-16a; 1 Cor 10,16-17; Gv 6,51-58)

Ascoltiamo il Vangelo:

“In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno»”.

Il pane è, per eccellenza, il simbolo del nutrimento mondiale. Facilmente si comprende come sia essenziale per sopravvivere. Tutti ne necessitano, ma non a tutti è garantito. Ci sono povertà talmente scandalose che addirittura alcuni muoiono per la mancanza di una base alimentare così necessaria.

Cristo stesso ha voluto, per donare la sua prensenza continuativa nel mondo e nella storia umana, utilizzare questo segno, trasformandolo nel suo corpo dato a “tutti”. Tutti, appunto. Nessuno escluso. Alla tavola della fraternità dove si spezza il pane divino non debbono esserci esclusioni, divisioni, parzialità. Tutto a tutti.

“Prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo”. “Prendete e bevetene tutti questo è il mio sangue”. Così, Gesù, donando se stesso, ha voluto legare nel segno del pane del vino la sua permanente presenza nel mondo. Ha anche detto: “Fate questo in memoria di me”. Fate, continuate, perpetuate. Ogni volta che il popolo di Dio si riunisce e celebra la cena del Signore, l’Eucaristia, celebra il memoriale della sua passione, morte e risurrezione.  

Nel pane e nel vino eucaristici, per scelta di Gesù, iin essi vi è la presenza reale di Dio trinitario. Il tutto di Dio in un pezzo di pane e in una goccia di vino che, pur rimanendo inalterati nel gusto, nella forma, nel sapore; si trasformano nel Cropo e nel Sangue di Cristo a noi donato e per noi immolato. Gesù ha scelto la semplicità, l’essenzialità del pane e la vivacità e festa del vino come segni concreti, della vita di ogni giorno per rimanere con noi. Il pane serve a saziarci, a darci forza per vivere, operare, relazionarci. Il vino per rallegrarci, per dare sapore e gusto. Ecco: nutrendoci del Corpo e del Sangue di Cristo dobbiamo trovare sazietà, serenità, forza e gioia di vivere. Di superare eventuali difficoltà e trovare la forza di perseverare nel cammino della vita.

Il pane e la sua condivisione è il segno per eccellenza di amicizia, di fraternità, di partecipazione alla vita degli altri. Del prendersi cura. Del non far manvìcare a nessuno lo stretto necessario per la sussistenza e sopravvivenza. Ma la realtà ci parla di altro . Ci denuncia, ci smaschera perché, ancora oggi, molti muoiono di fame. C’è una scandalosa contraddizione tra i popoli dell’epulenza e quelli dello stento, della prearietà. San paolo VI nell’enciclica Popolorum progressio (26 marzo 1967) denunciava: “I popoli della fame interpellano oggi in maniera drammatica i popoli dell’opulenza”. Nessun uomo, rispetto agli altri uomini, ha un diritto di  prelazione sui benei della terra soprattutto se a discapito di altri uomini, di altri popoli. La terra e i suoi beni sono di tutti e per tutti. Come il cibo eucaristico “donato” a tutti, per tutti. Non tenere iin debita considerazione la fame del mondo determina una sorta di indifferenza fratricida, come non condividere il Pane aucaristico una esclusione dalla frtaernità.

Gesù, invece, vuole dare a tutti la sua vita. “… Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita”. Divoratori di Dio dobbiamo essere per dare senso, contenuto e direzione alla nostra esistenza, senza esclusioni, senza preferenze, senza differenze. Attorno la tavola siamo tutti uguali. Tutti fratelli. Tutti invitati. Mai per meriti, ma sempre perché chiamati. Come, prima di ricevere la santa Eucaristia, ci sentiamo dire: “ Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo. Beati gli invitati alla cena dell’Agnello”. Andiamo da Gesù. Accogliamo l’invito, ma viviamo la convinzione e la realtà che non camminiamo insieme e nessuno deve restare né escluso, né indietro. Tutti uniti, tutti accolti, tutti fratelli. Tutti impegnati a condividere. Anche se la divisione oprta ad avere una briciola, ricordiamoci che per l’Eucaristia: il tutto è nel frammento.