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III Domenica di Avvento – Anno C – 16 dicembre 2018

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III Domenica di Avvento – Anno C – 16 dicembre 2018

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“In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».

Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».

Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».

Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».

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Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo”.

La concretezza, l’agire, il fare, sembra non appartengano alla logica evangelica. Chi pensa così si sbaglia. Il vangelo è buona notizia perché la si deve incarnare nella propria vita, perché deve scuoterci dai nostri torpori, deve scioglierci dalle nostre catene e farci gustare la libertà, il dono, la relazione, la gratuità.

“Nella vita c’è un solo modo per essere felici: vivere per gli altri” (Lev Tolstoj). Ma vivere per gli altri è donarsi, coinvolgersi, incarnarsi. Non bastano le belle parole, le ottime intenzioni occorre sporcarsi le mani, addirittura compromettersi, ma non risparmiarsi. “Non è quello che si riceve, ma quello che si dà, ciò che conta per la nostra gioia”(Primo Mazzolari). “Ogni nostro gesto umano apre finestre sull’infinito”.

Nel vangelo odierno le indicazioni, in tal senso, sono lapidarie, essenziali, risolutive e coinvolgenti.

Condivisione: tu vali quanto me. Ciò che è buono e necessario per me lo è anche per te e se tu non lo possiedi mi preoccupo io ad aprimi alle tue esigenze. Allora non accumulo ma sobrietà, non spreco ma dono.

Non esigere dagli altri oltre ciò che è pattuito. Cupidigia e insaziabilità non debbono abitare il nostro cuore ed alimentare la nostra sete di possesso. Ancor meno, progettare sfruttamento, o, infliggere, sprezzanti, la regola del possesso personale a qualsiasi costo.

Non approfittare del ruolo. Mai anteporre le cose alle persone, l’interesse, anche losco o immorale, non deve mai mortificare la dignità umana. La mia posizione, anche se di rilievo, deve avere sempre il gusto e il sapore del servizio, del bene comune e non il tornaconto personale o di chi mi interessa.

Gesù Cristo è la piena e totale risposta positiva. E’ lui colui dal quale dobbiamo imparare per vivere nel rispetto totale, nell’accoglienza reciproca e nel desiderio del ben-essere per ciascuno.

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