Ascoltiamo il Vangelo:

“In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”».
Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».
Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».
Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano”.

La tentazione, intesa come desiderio del male, come spinta alla trasgressione, come indisponibilità alla sofferenza e alla fatica, fa parte della vita dell’uomo, sia come rapporto con se stesso, con gli altri e con Dio, l’Assoluto. Le tentazioni più ricorrenti, deludendo coloro che credono siano quelle di ordine sessuale, sono invece quelle che toccano le cose, i beni; la fede e lo stile di vita; la supremazia e la strumentalizzazione degli altri.

Le tre tentazioni che Gesù, dopo i giorni di digiuno e preghiera, riceve dal tentatore, rispecchiano e propongono lo stesso modello. La dinamica è certamente diversa. Gesù non soccombe, affronta e vince. Vince perché radicato nella parola che antepone ad ogni scandalosa proposta del tentatore. Non si lascia ammaliare dai beni materiali lui che ha fatto del pane quotidiano il bene per tutti. Lui che ha dato una tana alle volpi, un nido agli uccelli e per sé non ha riservato neppure una pietra dove posare il capo. Dà da mangiare ai passeri e riveste di bellezza i gigli del campo, fa piovere sui giusti e gli ingiusti. Non si lascia ingannare dalla tentazione di un dio magico, di un dio eclatante, scenico, ma pone al centro del suo rapporto col padre, l’amore che unisce, la docilità, la sottomissione e l’obbedienza anche se porta al terminal della croce. La coerenza si paga col sacrificio, con l’immolazione per il bene di tutti. Non cede neppure al desiderio di dover dominare, di fare della supremazia la legge e lo stile di vita. Non è il possedimento delle cose, il potere esercitato, che danno la misura di una persona ma il suo valore deriva dalla capacità di rispettare tutto e tutti, di stabilire relazioni e intrecci con ciascuno valorizzando il bello e il buono che abita ogni cuore umano.

Tentati lo siamo tutti, tentatori non lo dovremmo essere mai. La forza della tentazione diventa dirompente e devastate qualora si cede alle sue lusinghe, lasciandoci ingannare. La tentazione è come un miraggio nel deserto, appare ma non c’è. Attira ma non si fa trovare, seduce ma si vaporizza, sparisce perché non c’è ai realmente stata. Chi cede alla tentazione o chi si vanta d’essere tentatore ha sempre un retrogusto di amarezza anche se esce incolume da ogni battaglia o presume d’essere ammirato, atteso, desiderato. Chi vince, ne esce anche con le ossa rotte, con l’animo turbato, con spossatezza ma le ferite riportate, per rimanere fedeli, sono la mappa della fedeltà a Dio, sono lo spartito della musica che Dio stesso scrive sul pentagramma della vita di chi lo sa accogliere, si sa ispirare a lui per attingere forza e determinazione per respingere ogni tentativo di chi ci vuole solo sottrarre al suo abbraccio paterno ingannandoci di darci potere, possesso, piacere e supremazia.