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Dio si mette in viaggio verso l’uomo donandoci la sua “posizione” per incontrarci

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Dio si mette in viaggio verso l’uomo donandoci la sua “posizione” per incontrarci

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I Domenica di Avvento

Dio si mette in viaggio verso l’uomo donandoci la sua “posizione” per incontrarci

 (Isaia 63,16-17.19; 64, 2-7; 1 Corinzi 1,3-9; Marco 13, 33-37)

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Ascoltiamo il Vangelo:

“In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 
«Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. 
Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati. 
Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!»”.

Attendere è bello. Il tempo dell’attesa è gravido di sorprese. Secondo la logica della famosa poesia del Leopardi: ”Il sabato del villaggio” (composta nel 1829 durante il suo ultimo periodo trascorso a Recanati), si evince che il sabato è quasi più intenso, per emozioni, della stessa domenica. Attendere fa disegnare il futuro di colori e sfumature intense, inedite, desiderate. È pur vero che quando il futuro è incerto, balbettante o singhiozzante, si addensano nuvoloni e lo scoraggiamento prende possesso del cuore e della mente. Attendere non lascia indifferenti.

Il tempo liturgico dell’Avvento è il tempo dell’attesa per la venuta di colui che dividerà la storia in due: prima e dopo di lui. È l’attesa di qualcuno che è stato annunciato. Per lui tutti sono disposti ad aspettare tanto è il desiderio di incontralo. Allora, attendere Gesù che arrivi, è tempo di letizia, di gioia, di gaudio, di speranza.

Quando arriverà sarà il momento in cui si travaserà il cuore nel suo cuore. L’abbraccio per la gioia dell’incontro sarà consolante, appagante. Quando a tutto questo si aggiunge il fatto che il suo arrivo non è una tappa obbligatoria, non è un dovuto sindacale, non è una visita di cortesia, ma una scelta di condivisione, di fusione con ognuno di noi, allora l’entusiasmo si moltiplica. Dio arriva. Dio si è messo in cammino. Dio ci dà la sua posizione perché noi possiamo sintonizzarci su di lui, seguirlo passo dopo passo, in tempo reale.

Il vangelo ci invita a vegliare. Stare attenti, vigilare. A vivere, abitare il nostro tempo non lasciandoci trasportare come rami secchi nel corso di un fiume in piena. Vigilare significa prestare attenzione. Vivere attentamente, con interesse, coinvolgimento. Dobbiamo gustare il trascorrere del tempo perché dediti a renderlo bello, per adornalo col nostro impegno. Occorre farcire il tempo con la nostra dedizione, il nostro coinvolgimento consapevole e dedito. Siamo chiamati a trasformare il tempo da kronos a Kairòs. Da ore che passano in occasioni uniche, irripetibili. La vigilanza è il metodo. La prudenza è lo stile.

Dio viene. Questo è certo. Non deluderà nessuno è altrettanto certo perché non illude nessuno. Allora abitare il tempo significa viverlo anche nella dimensione della speranza. Per il cristiano il futuro si chiama speranza. Ma mai passiva. Essa vuole il nostro coinvolgimento, il nostro investimento. Come il rumore si misura in decibel e varia dal tenue al fortissimo, così noi percepiamo la presenza di Dio e sentiamo il suo passo verso di noi talvolta in modo netto perentorio, chiaro, altre volte affievolito, flebile. Ma lui c’è. È certo. Quando sembra che sia sparito è il momento di cercarlo con maggiore intensità, più caparbietà. Dimostreremo a noi stessi che ci crediamo davvero. È nelle difficoltà che si accrescono le capacità, si manifestano le convinzioni, si temperano gli sforzi.

Dio viene ogni giorno. Ogni attimo è gravido della sua presenza. Occorre riconoscerlo, percepirlo, decodificarlo, ma c’è. Dio non mente. Non ci prende in giro e né gioca a nascondino con noi. Usciamo allo scoperto, staniamoci dai nostri egoismi, emigriamo verso gli altri, prendiamo il largo, saliamo sul monte, corriamo la corsa, cingiamoci i fianchi di amore verità e giustizia, perseguiamo la pace: lo troveremo accovacciato ad attenderci.

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Don Benito Giorgetta
Don Benito Giorgetta
BENITO GIORGETTA (1955), sacerdote della diocesi di Termoli-Larino, parroco di San Timoteo in Termoli (Campobasso), licenziato in Sacra Teologia con specializzazione in Mariologia. Dottore in Bioetica, è giornalista pubblicista. Già docente di Teologia Morale della Sessualità e Bioetica presso l’Istituto Teologico Abruzzese-Molisano di Chieti. Presidente dell’Associazione “Iktus – Onlus”.

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