Riceve i 103 superiori dei religiosi italiani riuniti in assemblea in vista dell’anno della vita consacrata. «Il carisma non va conservato coma una bottiglia di acqua distillata»

IACOPO SCARAMUZZI
CITTÀ DEL VATICANO

«Se hai qualcosa contro il fratello glielo dici in faccia: a volte finirai a pugni, ma meglio questo che il terrorismo delle chiacchiere». Papa Francesco riceve i superiori dei religiosi italiani e li esorta ad «aiutare la Chiesa a crescere per via di attrazione, senza preoccuparsi di fare proseliti», a fare «fruttificare» il carisma confrontandolo con la realtà e le culture presenti («non va conservato come una bottiglia di acqua distillata») e a essere modello di fraternità «nella diversità» per tutta la società.

La Conferenza italiana superiori maggiori (Cism), guidata da padre Luigi Gaetani, si è riunita da lunedì a oggi a Tivoli per la 54esima assemblea nazionale sul tema «Missione della Chiesa e vita consacrata alla luce della Evangelii gaudium». Ad accogliere «provocazioni e interrogativi» posti da papa Francesco, in particolare nella sua Esortazione apostolica, sono stati 103 padri provinciali d’Italia, in rappresentanza degli oltre 18mila religiosi presenti sul territorio nazionale. Si va dai Salesiani (oltre 2300), ai Minimi (88), dai Cappuccini (2049) ai Minori (1953), ai Trappisti (29) ai Boccone del Povero (43), agli Ardorini (42). I Gesuiti sono 553, i Guanelliani 183, 221 gli Orionini e così via via… fino a Venturini, Verbiti e Vocazionisti, gli ultimi in ordine alfabetico. «Li si trova spesso agli avamposti della missioni, in frontiera, e assumono i più grandi rischi per la loro salute e per la loro stessa vita», ha detto intervenendo all’assemblea il segretario della congregazione per gli Istituti di Vita religiosa e le Società di Vita apostolica, il monsignore francescano José Carballo. All’assise, che si svolge a ridosso dall’anno per la vita consacrata, voluta da Papa Francesco (29 novembre 2014 – 2 febbraio 2016), è intervenuto anche il segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino. «Non vogliamo combattere battaglie di retroguardia, di difesa, ma spenderci tra la gente», ha detto padre Gaetani introducendo l’incontro con Bergoglio.

«Prima di tutto – ha detto loro il Papa che, in quanto gesuita, è egli stesso un religioso – la vita religiosa aiuta principalmente la Chiesa a realizzare quell’attrazione che la fa crescere, perché davanti alla testimonianza di un fratello e di una sorella che vive veramente la vita religiosa, la gente si domanda “che cosa c’è qui?”, “che cosa spinge questa persona oltre l’orizzonte mondano?”. Questa direi è la prima cosa: aiutare la Chiesa a crescere per via di attrazione, senza preoccuparsi di fare proseliti». Questa «decisione, con forme diverse, è richiesta a ogni cristiano, ma noi religiosi siamo chiamati a darne una testimonianza di profezia» e – ha sottolineato il Papa a braccio, «la vera profezia non è mai ideologica. La vera profezia non è mai ideologica, non è in confronto con l’istituzione: è istituzione. Non è “alla moda”, ma è sempre un segno di contraddizione secondo il Vangelo, così come lo era Gesù». Il quale «fu un segno di contraddizione per le autorità religiose del suo tempo: capi dei farisei e dei sadducei, dottori della legge. E lo fu anche per altre opzioni e proposte: esseni, zeloti, ecc.».

Far «germogliare e maturare» il Regno di Dio richiede ai religiosi, ha detto ancora il Papa, «conversione, richiede anzitutto preghiera e – mi raccomando – adorazione, e richiede condivisione con il popolo santo di Dio che vive nelle periferie della storia. Decentrarsi. Ogni carisma per vivere ed essere fecondo è chiamato a decentrarsi, perché al centro ci sia solo Gesù Cristo. Il carisma non va conservato come una bottiglia di acqua distillata, va fatto fruttificare con coraggio, mettendolo a confronto con la realtà presente, con le culture, con la storia, come ci insegnano i grandi missionari dei nostri istituti».

Infine, «un segno chiaro che la vita religiosa è chiamata a dare oggi è la vita fraterna. E per favore che non ci sia tra di voi il terrorismo delle chiacchiere, cacciatelo via! Ci sia fraternità e se hai qualcosa contro il fratello lo dici in faccia, a volte finirai a pugni, ma meglio questo che il terrorismo delle chiacchiere». Oggi «la cultura dominante è individualista», una cultura che «corrode la società a partire dalla sua cellula primaria che è la famiglia» e la vita consacrata, ha detto papa Francesco, «può aiutare la Chiesa e la società intera dando testimonianza di fraternità, che è possibile vivere insieme come fratelli nella diversità: questo è importante! Perché nella comunità non ci si sceglie prima, ci si trova con persone diverse per carattere, età, formazione, sensibilità… eppure si cerca di vivere da fratelli. Non sempre si riesce, certo, tante volte si sbaglia, perché siamo tutti peccatori, però si riconosce di avere sbagliato, si chiede perdono e si offre il perdono. E questo fa bene alla Chiesa: fa circolare nel corpo della Chiesa la linfa della fraternità. E fa bene anche a tutta la società». Proprio ieri, peraltro, papa Francesco ha ricevuto il prefetto e il segretario del dicastero vaticano responsabile per i religiosi, il cardinale brasiliano Joao Braz de Aviz e Carballo.