Luce e sale, illuminare e preservare

Ascoltiamo il Vangelo:

“In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 
«Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli»”.

Inizia il lungo insegnamento di Gesù dall’alto della montagna. Questa non è solo una connotazione geografica ma indica che la vera sapienza viene dall’alto e scende, come pioggia, verso tutti coloro che sono disposti ad ascoltare a porvi attenzione a metterci il cuore intrecciandolo con quello di colui che è Maestro.

Il primo insegnamento, posto alla base di tutto il resto che seguirà, è che Gesù dona un’identità, certa, sicura e rassicurante, un’identità che promuove, che fa scorgere la bellezza e la concretezza che è posta in ognuno di noi. “Voi siete il sale, voi siete la luce della terra”. La luce e il sale benché visibili e percepibili li dove si manifestano, non sono mai invadenti, non offendono, non feriscono, ma si inseriscono con delicatezza, pacatezza e, rendendo un servizio, esaltano la realtà su cui si posano e si inseriscono.

La luce ha il compito di far emergere, di porre in evidenza, di illuminare, di accarezzare con la sua presenza discreta ma concreta, inoffensiva ma gratificante. Il sale preserva, conserva, rende durevole nel tempo la pietanza dove viene posto. Una caratteristica che accomuna questi due elementi è il fatto che non appaiono loro ma si consumano, rendono un servizio si immolano, spariscono per essere utili. Tutta questa ricchezza simbolica applicata in modo identitario ai discepoli del maestro implica che non occorre costruire, fare, cercare, ma, semplicemente, prenderne coscienza, consapevolezza e agire di conseguenza prendendo come riferimento i due elementi naturali della luce e del sale.

Se sono luce non devo abbagliare, ma porre in evidenza aiutare a far emergere la bellezza delle cose e, soprattutto delle persone. La luce, se ben distribuita, fa emergere i particolari, esalta le forme, evidenzia la realtà. Io discepolo luce, nell’approcciarmi agli altri, nel relazionarmi con chi incontro dovrei agire per perseguire lo stesso risultato. Io discepolo sale devo preservare il bello e il buono che c’è in ognuno. Rendere durevole ciò che è apprezzabile, degno d’essere sperimentato, prolungato, a motivo della sua bontà.

Ma sappiamo che l’unico produttore di luce, per il mondo intero è il sole, tutte le altre fonti sono sua emanazione o suo riflesso. Così noi, discepoli del Cristo, siamo emanazione della sua intensità. Non siamo produttori in proprio e per proprio tornaconto, ma per conto terzi. “Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli”. Dal nostro operare risplenderà la luce vera. Le nostre opere buone renderanno ragione e daranno testimonianza della verità del nostro cuore. Ogni volta che si pongono in essere gesti evangelici, sentimenti di bontà, atteggiamenti di servizio, orientamenti di dialogo e di sana relazione: ognuno di noi emana quella luce che illumina e quel sale che preserva. Non accontentiamoci d’essere una lampadina di basso wattaggio, ma almeno un faretto; non sale di scarso o tenue valore ma di sapore intenso, duraturo. Il comune denominatore di questi due elementi naturali, che diventa quello dei discepoli è il servizio: la luce non illumina se stessa e il sale non insaporisce se stesso. La luce accarezza, il sale insaporisce, ma si consumano, per donarsi.